- 29 Gennaio 2019
- Posted by: Stefano Cavallaro
- Categoria: News studio
Con sentenza n. 32002 dello scorso 11 dicembre, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato che il regime sanzionatorio di cui all’articolo 18, L. 300/1970, come novellato dalla L. 92/2012 (la cosiddetta Riforma Fornero), prevede – di norma – in caso di declaratoria di illegittimità del licenziamento comminato per giustificato motivo oggettivo, la condanna del datore di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità, ferma restando l’estinzione del rapporto di lavoro.
Tale novellato regime sanzionatorio limita invece l’applicabilità del rimedio della reintegrazione sul posto di lavoro, in aggiunta al risarcimento del danno commisurato alle mancate retribuzioni che sarebbero maturate nel periodo compreso tra la data del licenziamento e quella della pronunzia della sentenza di illegittimità, fino a un massimo di 12 mensilità, alle sole ipotesi residuali nelle quali l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento è connotata di una particolare evidenza, che debbono essere intese, quindi, come mere eccezioni rispetto alla regola.
Sulla scorta di tali principi, nell’interpretazione fornita dalla Corte, la violazione dei criteri di correttezza e buona fede nella scelta dei lavoratori adibiti allo svolgimento di mansioni omogenee dà luogo – esclusivamente – all’applicazione della tutela indennitaria (attenuata), dovendosi escludere che ricorra, in siffatte circostanze, la manifesta insussistenza delle ragioni poste a fondamento del recesso.