- 1 Ottobre 2019
- Posted by: Stefano Cavallaro
- Categoria: News studio
Con Messaggio3359_2019 l’Inps torna ad esaminare i profili giuridici inerenti la questione della possibile coesistenza tra la posizione di amministratore e quella di lavoratore dipendente di società di capitali.
L’Istituto – anche riformando taluni precedenti orientamenti amministrativi – ha innanzitutto ricordato un principio più volte affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, a mente del quale, la carica di amministratore (o di presidente del CDA) non è di per sé stessa incompatibile con lo status di lavoratore subordinato.
Le due posizioni possono coesistere a patto che la persona che le ricopre sia effettivamente soggetta alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell’organo collegiale.
Di contro, la carica di amministratore unico è indubbiamente incompatibile con un rapporto di lavoro subordinato poiché il soggetto che la riveste è detentore del potere di esprimere, da solo, la volontà propria dell’ente sociale, come anche di esplicare i poteri di controllo, di comando e di disciplina con una sostanziale immedesimazione della persona fisica e della società.
Per ragioni del tutto similari la veste di socio unico è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato.
Per quanto concerne l’amministratore delegato, invece, deve essere esclusa la compatibilità con la subordinazione qualora la delega conferita dal consiglio di amministrazione abbia portata generale, dando facoltà al soggetto che la ricopre di agire senza il consenso del Cda.
Invece l’attribuzione da parte del consiglio di amministrazione del solo potere di rappresentanza, ovvero di specifiche e limitate deleghe, non è incompatibile – in linea generale – con l’instaurazione di un genuino rapporto di lavoro subordinato purché si accerti l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e l’esistenza del vincolo di subordinazione.
In generale, conclude l’Istituto, la valutazione della compatibilità dello status di amministratore di società di capitali con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato presuppone l’accertamento in concreto, caso per caso, della sussistenza delle seguenti condizioni:
1. che il potere deliberativo (come regolato dall’atto costitutivo e dallo statuto), diretto a formare la volontà dell’ente, sia affidato all’organo (collegiale) di amministrazione della società nel suo complesso e/o ad un altro organo sociale espressione della volontà imprenditoriale il quale esplichi un potere esterno;
2. che sia fornita la rigorosa prova della sussistenza del vincolo della subordinazione (anche, eventualmente, nella forma attenuata del lavoro dirigenziale) e cioè dell’assoggettamento del lavoratore interessato, nonostante la carica sociale, all’effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e di controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell’organismo sociale a cui appartiene;
3. il soggetto svolga, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.
Riepiloghiamo, nella sottostante tabella, gli orientamenti giurisprudenziali riaffermati dall’Inps con il richiamato messaggio 3359/2019
Carica | Compatibilità astratta col lavoro subordinato |
Presidente | Sì, se – al pari di qualsiasi membro del CdA – è soggetto alle direttive, alle decisioni e al controllo dell’organo collegiale, anche se gli sia stato conferito il potere di rappresentanza. |
Amministratore unico | No, poiché in grado di esprimere – da solo – la volontà propria dell’ente sociale, come anche i poteri di controllo, di comando e di disciplina. |
Amministratore delegato | Dipende, va verificato di caso in caso:
No nelle ipotesi in cui l’amministratore sia munito di delega generale con facoltà di agire senza il consenso del CdA; Sì qualora, gli sia attribuito da parte del CdA il solo potere di rappresentanza o specifiche e limitate deleghe e purché si accerti l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e l’esistenza del vincolo di subordinazione. |
Unico socio | No, perché la concentrazione della proprietà delle quote/azioni nelle mani di una sola persona esclude, nonostante l’esistenza della società come distinto soggetto giuridico, l’effettiva soggezione del socio unico alle direttive di un organo societario. |
Rammentiamo che – nel caso in cui l’Istituto dovesse accertare l’incompatibilità del rapporto di lavoro subordinato con la carica assunta in seno agli organi di amministrazione della società – disconoscerebbe il diritto alle prestazioni previdenziali. I contributi versati potrebbero essere chiesti a rimborso solo nei limiti della ordinaria prescrizione (5 anni).